Torino, città regina e città operaia.
Come le sue api

Laura Aguzzi

Laura Aguzzi

Tre mesi nella redazione de La Stampa, per contribuire alla realizzazione di contenuti per il sito, i dispositivi mobili e i social network della testata torinese.

È l’opportunità che ha offerto il Premio Giornalistico “Lauretana, Nella Vietti”, giunto alla seconda edizione e mirato alla scoperta dei giovani talenti del giornalismo digitale.

La giuria alla fine ha scelto Laura Aguzzi, 29 anni, di Rieti, ex allieva della nostra Scuola di giornalismo radiotelevisivo, formatasi come praticante a Perugia durante l’XI biennio (2012-2014).

Qui di seguito il suo reportage sul “segreto di Torino”: le api, il miele, gli alveari e una società che li gestisce in modo innovativo. Laura ha raccontato con un videoreportage la storia di Antonio Barletta, che a Torino è riuscito a unire la sua passione per le api e per quella città. Così quattro anni fa inizia a realizzare il primo progetto di apicultura urbana.  

di Laura Aguzzi

Urbees Torino

Dalla pagina Facebbok del Progetto UrBEES

Prendere un caffè seduti accanto a 120mila api. Sembra impossibile eppure può succedere in pieno centro a Torino. Il terrazzo di Antonio Barletta, ideatore e fondatore di Urbees, è infatti anche la sede di due degli alveari della sua impresa locale. Qui, migliaia di piccole operaie continuano imperterrite il loro lavoro, senza curarsi di chi viene a osservarle.

L’avventura di questo trentenne inizia quattro anni fa, durante il suo lavoro come maschera in teatro, dopo un passato in Fiat. Lì incontra un apicoltore esperto e la passione per le api si unisce a quella per la città: nasce così il primo progetto di apicoltura urbana in Italia.

Un movimento, come ama definirlo Antonio, che ha già preso piede in tutte le maggiori metropoli europee e americane. E che oggi giunge in Italia nella sua città laboratorio.

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Dalla pagina Facebbok del Progetto UrBEES

In totale la produzione annua di Urbees si aggira attorno ai 240 kg di miele: è il miele di Torino. Dal 2010 gli alveari di Urbees si sono moltiplicati e oggi sono dislocati in luoghi diversi: dal Parco d’arte vivente (PAV), dove le api sono ospitate in un’installazione artistica, al Bunker, centro sociale nel quartiere Barriera di Milano. Qui, oltre a sale da concerti, capannoni industriali, orti urbani e una piscina da wakeboard, ci sono anche otto arnie per le api.

C’è qualcosa di vagamente modaiolo nel darsi all’apicoltura in città. Eppure la questione delle api è seria: lo dimostra anche il recente interesse del presidente americano Barack Obama, che a giugno ha varato un piano speciale per la loro protezione. Le api sono fondamentali per la coltura di frutta e ortaggi, ma sono in pericolo a causa delle campagne inquinate dai pesticidi. Per questo negli ultimi anni hanno iniziato a migrare verso le città, dove il clima temperato e la varietà di spazi verdi si rivelano per loro un ottimo ambiente.

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Dalla pagina Facebbok del Progetto UrBEES

L’aspetto più innovativo messo in luce da Urbees riguarda per l’azione delle api come bioindicatori. “La domanda che mi sento rivolgere più spesso è: il miele di città è inquinato? – si stupisce Antonio – Le analisi fatte smentiscono questi timori: il nettare che l’ape raccoglie è in un ambiente protetto del fiore ed è estremamente filtrato. Ad essere esposto all’inquinamento è invece il polline: analizzandolo, grazie alle api, si possono individuare sostanze nocive, come radionuclidi o idrocarburi. Un’operazione che se fatta attraverso postazioni meccaniche richiederebbe un investimento di decine di migliaia di euro”.

Nel centro di Torino oggi c’è una sola centralina per il controllo della qualità dell’aria. Quindici alveari e un’azione costante di analisi riuscirebbero invece a coprire l’intera città. Su questo aspetto per UrBees lavorano Valentina Mandirola, che si occupa di progettazione e divulgazione, e Francesca Cirio, che cura la mappatura della biodiversità urbana. Anche grazie al loro contributo, il progetto, selezionato assieme ad altri sei su 179 candidati, ha vinto il premio Sodalitas Challenge. UrBees da ottobre sarà quindi inserita in un incubatore d’impresa, il milanese Make a Change, specializzato in idee ad alto valore sociale e ambientale.

Ma nel fare il grande salto vengono al pettine anche i nodi del sistema imprenditoriale italiano. “In Italia ci sono moltissime start up – si sfoga Antonio – con tante belle idee. Quello che manca sono gli investimenti, qualcuno che dia modo a queste iniziative di crescere.” Quello che Antonio spera possa accadere a UrBees. Un obiettivo per il quale si batte con la stessa operosità delle sue api. E con la speranza di ottenere dal suo lavoro frutti almeno altrettanto dolci.