di Luca Garosi*
(@lucagarosi)
«La gente va troppo a scuola e impara a scrivere da sola e poi, si compra anche le macchine fotografiche»: è lo sfogo contro il progresso dello scrivano interpretato da Totò nel film “Miseria e nobiltà” all’amico fotografo. Molti giornalisti oggi sembrano fare come il principe De Curtis: maledicono la tendenza a farsi l’informazione da soli, a ricercare le notizie nel flusso di relazioni che scorre sulla rete. Si rassegnano, così, a un autunno della professione, ipotizzando un declino inesorabile della figura del giornalista.
“Giornalismi nella rete”, il nuovo libro di Michele Mezza, invece vuole essere una specie di manuale di sopravvivenza per il giornalista, un prontuario per capire come guidare i processi tecnologici e non esserne guidati, una guida per far capire ai giornalisti come rimanere protagonisti.
«Internet è un’innovazione sociale e non tecnologica» – Per Mezza il giornalismo «è una lente d’ingrandimento per inquadrare meglio i contorni del futuro tecnologico. Affrontando temi molto pragmatici, a volte anche corporativi, come l’identità e il ruolo del giornalista, ci troviamo a maneggiare questioni vitali per l’intera umanità. È un’opportunità e un’indicazione per il nostro futuro: l’innovazione non va esorcizzata, ma affrontata e radicalizzata per coglierne meglio, e prima di altri, l’essenza». Un processo di innovazione sociale e non tecnologica, come ripete sempre Tim Berners-Lee, il padre del web. Un processo connesso a un cambio radicale di comportamento e di bisogni della società, di cui la rete è la risposta ma non la causa.
Un divorzio e un matrimonio – Ogni 48 ore si raddoppia il volume delle breaking news del mondo. Ma ogni ora che passa vede almeno 25 giornalisti perdere il proprio posto di lavoro. Al tempo stesso fioriscono nuove forme di flussi informativi dove a contare non è tanto il rapporto fra reporter e notizia, quanto quello fra redazione e lettore. Il tema del libro – sottolinea Mezza – è proprio il divorzio fra testimone e giornalista, e il matrimonio fra redattore e lettore: «il giornalista non appare più ineludibilmente sovrapposto al suo lettore, né padrone esclusivo della notizia che diffonde. In virtù di queste nuove relazioni si può essere oggi reporter anche senza essere stato testimone».
Governare l’algoritmo – «Il ruolo dei giornalisti si sta riducendo ed è un bene che scompaiano gli orpelli corporativi del nostro lavoro – scrive Giulio Anselmi nella prefazione del libro -. Ma troppo spesso editori e manager editoriali, di fatto digiuni di molte delle specificità del loro settore, rimodernano il lessico credendo che qualche anglismo basti a ridare vita a vecchie carcasse».
La notizia, spiega Mezza, non è più dominio esclusivo del giornalista, l’informazione non è più un servizio che cade dall’alto, ma è sempre più il frutto di una conversazione fra giornalista e utente. Nel dialogo fra giornalista e lettore si intromette una nuova entità, diversa dai primi due soggetti. Non umana: l’algoritmo. «Se c’è qualcosa che sicuramente ha un’anima è proprio l’algoritmo: non è un meccanismo neutro e induce al suo interno una meccanica di pensiero». Il problema è chi governa l’algoritmo e chi lo deve negoziare. La risposta per Mezza è semplice: sono i giornalisti di oggi che devono essere i veri analisti, illustratori, controllori e architetti dell’algoritmo.
La cattedrale cede alla vitalità del bazar – Nell’ottobre del 2013 Lionel Barber, direttore del Financial Times prende carta e penna e scrive ai suoi redattori. Una lettera intitolata significativamente “Digital First”, un titolo che l’autore usa anche per un capitolo del libro. Barber chiede ai suoi giornalisti «di cambiare pelle professionale, di vivere come centrale il circuito digitale rispetto a quello che produce il giornale tradizionale per il quale sollecita i suoi redattori a “disancorarsi dalle hard news”».
La notizia diventa un optional, è l’atto della raccolta delle notizie e della loro impaginazione a diventare centrale. « In futuro – scrive Barber -, il giornale cartaceo deriverà dal web e non viceversa. Il nuovo FT cartaceo sarà prodotto da un piccolo team specializzato che lavorerà a fianco di un più folto team integrato e dedicato a tempo pieno al web».
Oltre al libro c’è di più – “Giornalismi nella rete” si legge tenendo un telefonino in mano. «Un libro ipermediale – spiega l’autore – che non si esaurisce nel testo tipografico stampato, ma contiene, su carta, segnali che vi trasportano direttamente nella rete, nel mondo digitale». Si incontrano, infatti, decine di QR code che prolungano il racconto o il ragionamento, proponendo video, fotografie o i documenti originali che sono citati. Basta una semplice App che si può scaricare gratuitamente dagli store dei nostri telefonini.
Michele Mezza, come giornalista Rai, è stato inviato del Giornale radio in Urss e in Cina. Nel 1993 ha collaborato al piano di unificazione del Gr; nel 1998 ha elaborato il progetto di RaiNews 24.
Collabora con diverse riviste e testate. Dirige la comunità web www.mediasenzamediatori.org.
Insegna Culture digitali all’Università Federico II di Napoli.
*Luca Garosi è coordinatore didattico del Centro di Formazione e della Scuola di Giornalismo di Perugia